Il bullismo nella scuola

Il bullismo nella scuola, impariamo a difenderci

di Angela Fluri


Questo articolo nasce dall’esperienza di un ciclo di seminari sul bullismo nella scuola, che ho proposto nelle scuole secondarie di primo grado.

La scuola è un luogo di relazioni sociali per i ragazzi e, in virtù del suo ruolo educativo, ha la responsabilità di farsi portavoce di cultura che deve aiutare a prevenire il bullismo, come promuovere la conoscenza reciproca, favorire l’autostima dei ragazzi, insegnare l’apertura verso la diversità e il rispetto degli altri, insegnare ad affrontare i conflitti invece di negarli, spiegare l’importanza del rispetto di regole di convivenza condivise.

Questo seminario è stato strutturato in una parte teorica sull’argomento bullismo per sensibilizzare alla prevenzione, una parte pratica di Esercizi Bioenergetici di consapevolezza corporea capaci di far riconoscere il bullismo e sviluppare strategie di intervento; e la partecipazione attiva degli studenti che hanno la possibilità di intervenire ed integrare l’argomento con esperienze e vissuti personali.

Il titolo del seminario è il bullismo nella scuola.

E nello specifico il fenomeno delle prepotenze perpetrate (commettere un’azione illecita e disonesta) da bambini e ragazzi nei confronti dei loro coetanei soprattutto in ambito scolastico. Anche se sappiamo che il bullismo può manifestarsi in tutti quei luoghi in cui più ragazzi, più o meno coetanei si ritrovano frequentemente, può avvenire in strada, sul autobus, negli oratori, nel cortile sotto casa,nel centro sportivo, all’entrata e all’uscita di scuola, durante la ricreazione e nei momenti in cui non c’è un controllo diretto.


Esiste anche nella vita militare esempio il nonnismo

Oppure sul luogo del lavoro il mobbing


Definizione di bullismo

Il termine ci richiama subito alla figura del bullo, del prepotente anche se come vedremo la prepotenza è una delle tante componenti nel bullismo che risulta un fenomeno molto complesso.


Uno studente risulta vittimizzato nel momento in cui viene sottoposto ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni di scuola


Caratteristiche del bullismo

Il bullismo si basa su tre principi:Intenzionalità
Persistenza nel tempo
Asimmetria nella relazione


Quindi si tratta di un’azione intenzionale, eseguita al fine di arrecare danno alla vittima;


continuata, nei confronti di un compagno, può durare giorni, settimane ma anche mesi ed anni;


e soprattutto la caratteristica dell’asimmetria nella relazione, cioè uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce.


Come distinguere un gioco pericoloso da atti di bullismo?

Spesso bambini e ragazzi si ritrovano a giocare a lotta o altri tipi di gioco, talvolta pericolosi, che necessitano di sorveglianza e dell’intervento di un adulto ma che non sono atti di bullismo.
Si distingue il gioco pericoloso dal bullismo per due motivi principali:
Condivisione, ogni partecipante sa a cosa sta giocando.
Scambio dei ruoli, una volta si è vincitori, una volta vinti, una volta il buono e una volta il cattivo ecc.


Inoltre può aiutare l’osservazione per rilevare:

  • Espressione del viso e della voce, quando è gioco il viso rimane comunque sereno con sorrisi e risate. Quando è un’aggressione l’espressione è accigliata, viso rosso, smorfie, pianto ed occhi sbarrati.
  • Risultato, dopo il gioco si rimane insieme,dopo l’aggressione ci si separa.
  • Scambio dei ruoli, ci si può trovare up o down indifferentemente.
  • Controllo, non c’è reale contatto, e comunque anche colpire e fare a lotta è per finta, non c’è intenzione a farsi male, diverso ovviamente nell’aggressione.
  • Numero di partner, osservare chi agisce e contro chi, il gioco può prevedere anche più persone, nel bullismo è difficile a meno che non si tratti di una rissa.
  • Osservatori la lotta per gioco suscita scarso interesse per chi non partecipa, al contrario gli scontri attirano gli osservatori e si forma un nugolo di ragazzi

Esistono diversi tipi di bullismo che si dividono in:


  • bullismo diretto caratterizzato da una relazione diretta tra bullo e vittima
    • può essere: Bullismo fisico
      il bullo colpisce la vittima con calci,colpi,spintoni, sputi,o molestia sessuale.

    • Bullismo verbale
      Il bullo prende in giro la vittima, minaccia, dice cose cattive e spiacevoli, parolacce, insulti.

    • Bullismo psicologico
      Il bullo ignora o esclude la vittima dal suo gruppo e mette in giro false voci sul suo conto.

    • Ciberbullyng o bullismo elettronico
      il bullo invia messaggi molesti alla vittima, sms,chat,foto o filmati in rete, in momenti privati o intimi quando la persona non desidera essere ripresa, per diffamarla e ridicolizzarla.

  • Bullismo indiretto
    è meno visibile ma altrettanto pericoloso; tende a danneggiare la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, escludendola, isolandola con pettegolezzi e calunnie sul suo conto.

    Biasimi verbali(giudizi e condanne), l’allontanamento dal gruppo,con il metodo della mormorazione ( maldicenza e calunnia) il rifiuto a socializzare con la vittima e il tentativo di spaventare i suoi amici così si allontanano a loro volta.

Bullismo diretto più maschile
Bullismo indiretto più femminile


I protagonisti del bullismo

Nelle azioni di bullismo vero e proprio, abbiamo:
Il bullo o istigatore colui che fa prepotenza ai compagni
La vittima che spesso subisce le prepotenze e
L'attendente colui che assiste senza prenderne parte.


Chi è il bullo?

Il bullo agisce sicuramente in risposta ad un suo problema di disagio e mancanza di autostima, che però manifesta in modo aggressivo, perché:
pensa che la prepotenza paghi, si sentono ammirati, riescono ad ottenere ciò che vogliono e non rischiano di essere vittimizzati a loro volta.
Sono aggressivi ed impulsivi
Si compiacciono della sottomissione degli altri, trovano gratificante dominare, fare il prepotente e il duro risulta coerente con l’immagine di potente,soprattutto tra maschi.
La trovano divertente. Hanno un basso livello di empatia e quindi insensibilità alla sofferenza degli altri.
Il pregiudizio li porta a pensare che alcune persone, meritano di essere trattate in quel modo, religione, razza,sesso,costumi,interessi,
risultano ostili verso gli altri ed anche con i genitori.
Sono influenzati da modelli aggressivi, nella vita reale o anche da giochi o films, la vittima è percepita come se avesse provocato il trattamento negativo.
Una monotonia cronica a scuola e anche semplicemente per il raggiungimento dei propri obiettivi


Chi è l’attendente?

Un altro ruolo è rappresentato dall’attendente o spettatore, che partecipa all’evento senza prenderne parte attiva. Tali individui tendono a prendere le parti del bullo essi sono coinvolti nella denigrazione della vittima.
Gli attendenti non fanno nulla che possa preoccupare né la vittima né il bullo, il motivo perché essi non intervengono può essere, paura di diventare a loro volta vittime, sadismo, differente percezione delle ingiustizie.
Spesso il bullismo ha luogo alla presenza di un gruppo di attendenti; le dinamiche che si istaurano in tali circostanze, omertà, prendere le parti del bullo, considerare normali tali atteggiamenti, difficoltà empatica e incapacità di intervenire, sono la causa di mentalità deviante.


Chi è la vittima?

I primi segni manifestati dalla vittima sono uno stato d’ansia continua ed insicurezza nelle attività quotidiane rispetto agli altri coetanei, difficoltà di concentrazione ed irritazione nei confronti dei pari della sua classe o in famiglia. Tendenzialmente hanno poca autostima, sono dotati di prudenza e di una elevata sensibilità, introversi, spesso in solitudine con pochi amici.
Tutto questo porta ad una reazione scarsa o addirittura nulla nel momento in cui subiscono attacchi dall’esterno ai quali reagiscono chiudendosi in se stessi.
I modelli di vittima sono principalmente due quella remissiva e quella provocatrice o entrambi i ruoli in momenti diversi.
Il primo modello di vittima è caratterizzato dal subire in silenzio quindi non trovare in sé la forza di reagire ma nemmeno il desiderio di essere trattato in quel modo.
Il secondo modello è una vittima che si è adattata alla violenza, vede ciò come un momento in cui è al centro dell’attenzione confondendola con il gioco; ma la sofferenza persiste e quando abbassa la guardia viene fuori la paura.
Nel primo caso parliamo di crisi reattiva
Nel secondo di sindrome di Stoccolma


Strategie di coping

Il termine coping è stato introdotto in psicologia nel 1966 da Richard Lazarus.
Il concetto di coping può essere tradotto con "far fronte a", “capacità di risolvere i problemi”, indica l’insieme di strategie mentali e comportamentali messe in atto per fronteggiare una certa situazione; si riferisce sia a ciò che una persona fa effettivamente per affrontare la situazione difficile, fastidiosa o dolorosa o comunque a cui non è preparato sia al modo in cui si adatta emotivamente a tale situazione.
Possiamo distinguere:
coping attivo,che comprende le strategie dirette ad affrontare il problema (controllo) e anche la ricerca di sostegno sociale.
Coping interno, che comprende le strategie che richiedono una riflessione sui problemi e quindi la ricerca di possibili soluzioni.
Coping di evitamento che comprende le risposte di ritiro dalla situazione e quelle di rifiuto, in questa categoria si può inserire anche il cosiddetto freezing, che indica lo stato di panico totale in cui la persona di fronte a una situazione difficile,non sa come comportarsi e non riesce a reagire,rimanendo bloccato.

Nell’ambito del fenomeno delle prepotenze, del bullismo appunto,questo concetto è molto importante per valutare in che modo reagiscono i ragazzi di fronte a queste situazioni
Si possono distinguere due momenti nella reazione ad una prepotenza

  1. la reazione immediata, nel momento in cui avviene l’episodio
  2. la reazione del momento successivo, che costringe l’adolescente a riflettere sull’accaduto.

Gli adolescenti che fanno ricorso a strategie di controllo, tendono a padroneggiare la situazione difficile stabilendo degli obiettivi da raggiungere, coordinando le proprie attività ed evitando di lasciarsi prendere dal panico.

I ragazzi invece che ricorrono a strategie di sostegno sociale, chiedono aiuto sia a persone competenti, per ricevere consigli, o protezione,sia a persone vicine per condividere con loro le proprie esperienze.

Gli adolescenti che invece usano strategie di rifiuto, fanno finta che il problema non esiste,cercano di non pensare al problema, si distraggono facendo altre attività ed hanno difficoltà a descrivere le proprie esperienze e sentire le proprie emozioni.( alessitimia )


Alessitimia

Il termine alessitimia dal greco a = mancanza, lexis = parola, thimos = emozione, descrive lo stato in cui la persona non è capace di trovare le parole o il modo per esprimere i propri sentimenti, utilizza una terminologia di azioni per dire ciò che sente evitando così possibili conflitti.
Si aggiunge la difficoltà di distinguere gli stati emotivi dalle percezioni fisiologiche, infatti i soggetti alessitimici hanno difficoltà ad individuare quali siano i motivi sottostanti le proprie emozioni, faticano a comunicare agli altri, sono meno capaci di interpretare le emozioni altrui.

La loro capacità immaginativa ed onirica è ridotta, talvolta inesistente; tendono a stabilire relazioni di forte dipendenza o in mancanza di essa, preferiscono l’isolamento.
Tali caratteristiche le possiamo trovare indistintamente sia nel bullo che nella vittima.

Infatti il bullo si trova in una situazione di "sordità emozionale" poiché appare indifferente alle condizioni di sofferenza in cui pone la vittima, manifestando scarsa empatia nei suoi confronti e quindi incapace di cogliere i segnali emotivi che provengono dagli altri.
Se il bullo riconoscesse le emozioni, non compirebbe tali vessazioni sulle altre persone.

Anche la vittima può avere problemi di alessitimia, infatti ha difficoltà a manifestare le proprie emozioni, difficoltà ad esprimere i propri bisogni ed esigenze, preferisce sfuggire alle situazioni difficili.


Vittima? no grazie!

Come contrastiamo una situazione di bullismo che si sta creando nei nostri confronti?
Sicuramente partendo da una sicurezza e fiducia in se stessi.
Ecco un metodo che può aiutare a evitare spiacevoli situazioni.
Tre sono le regole principali:
essere assertivi
cercare aiuto
abbandonare la situazione il più presto possibile


il comportamento assertivo

deriva da una precisa filosofia dei diritti umani, si esprime in una formula standard e fornisce un copione che può essere adattato alla situazione, infonde questo copione un senso di sicurezza agendo quasi da scudo contro le spiacevoli situazioni che comportano sopraffazione e prepotenza.
Restituisce una neutralità che smorza la situazione piuttosto che riscaldarla, il ragazzo, risponde in modo assertivo quando afferma i suoi diritti senza violare quelli del compagno.
L’alunno assertivo risponderà a quello prepotente dichiarando le sue intenzioni i suoi desideri e i sentimenti in modo chiaro e diretto, opponendosi a tattiche manipolatrici o aggressive.
Le risposte assertive non si basano solo sul messaggio verbale ma anche sul contatto oculare e sul linguaggio del corpo.
Essere assertivi

  • Linguaggio del corpo
  • Contatto oculare

Fare una affermazione assertiva significa essere chiari,onesti e diretti,dichiarare specificamente e tranquillamente cosa si vuole e come ci si sente.


Non cedere ai raggiri o alle minacce

Quando si è sotto pressione si può scegliere di dire no oppure adottare la ripetizione di un’affermazione assertiva.
Il raggiro, la minaccia o la persuasione sono spesso fondati sul ricatto morale o emozionale come:
non sarò più tuo amico
dirò a tutta la classe il tuo segreto
ti aspetto dopo la scuola


può essere difficile opporsi a una simile sequela di minacce e di intimidazioni un modo per resistere è quello di continuare a ripetere la stessa affermazione assertiva finché l'altro non lascia perdere. Questa tecnica è chiamata del "disco rotto" ovviamente si prende tempo per abbandonare la situazione prima possibile.


Come rispondere agli insulti:

Se chiedere in modo assertivo all’altra persona di smettere di insultare non funziona, può essere utile la tecnica del "fogging" (annebbiare, confondere) cioè rispondere alle provocazioni ed insulti con un'affermazione assertiva neutra che mira a smorzare la situazione. "Puoi anche pensarla così" "magari" "e allora?" "ah!si!" il seccatore si stuferà se la vittima rimane calma e noncurante di fronte alle sue accuse.
In situazioni in cui gli insulti avvengono da parte di più persone in pubblico, si può praticare la tecnica del “parlarsi in modo positivo”
Sono calmo e forte
Sono bravissimo
Ovviamente si prende tempo per abbandonare la situazione prima possibile.
Molto divertente e catartica può essere "la banca degli insulti"
Foglietti dove ognuno scrive gli insulti ricevuti, così nel prenderli in considerazione come materiale per l’esercizio, spersonalizza il nome usato e viene meno la valenza personale.


Chiedere aiuto

Gli alunni che subiscono atti bullistici non devono necessariamente risolvere la situazione da soli, perché come abbiamo detto scaturiscono da il disagio di un singolo ossia il bullo.
Bisogna sicuramente ritrovare la capacità di chiedere aiuto, gridare, riferire agli adulti e soprattutto parlarne, parlarne,parlarne.
Abbandonare la situazione significa vincere, farsi scivolare tutte le cattiverie significa vincere, riferire l’accaduto e chiedere aiuto significa vincere e sono ottimi metodi per aiutare se stessi e gli altri, bullo compreso.


Dott.ssa Angela Fluri ,Psicologa, psicoterapeuta